Fondo clero: aggiornamento contributo 2021

6 ott 2022 Con la circolare del 3 ottobre 2022, n. 108, l’INPS ha reso noto l’aggiornamento del contributo dovuto a carico degli iscritti al Fondo clero per l’anno 2021 e ha fornito le istruzioni relative alle modalità di pagamento.

Il contributo dovuto per l’anno 2021 dagli iscritti al Fondo di previdenza del clero secolare e dei ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica è stato determinato nella misura di 1.769,04 euro annui (294,84 euro bimestrali e 147,42 euro mensili); la detta somma resta provvisoriamente confermata anche per gli anni 2022, 2023 e 2024.

Gli iscritti al Fondo che provvedono autonomamente al versamento del contributo sono i seguenti:

– sacerdoti secolari cattolici esclusi dal sostentamento di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222;

– ministri di culto acattolici tenuti all’assolvimento individuale sulla base di quanto disposto per ciascuna confessione dal relativo decreto ministeriale che ha esteso al culto di appartenenza le disposizioni della legge n. 903/1973;

– sacerdoti secolari cattolici e ministri di culto acattolici autorizzati alla contribuzione volontaria.

Nel Portale dei Pagamenti – Fondo Clero del sito istituzionale dell’Istituto sono disponibili le seguenti funzionalità:

– pagamento online “pagoPA”, tramite carte di pagamento (carte di credito/debito o carte prepagate) o addebito in conto corrente;

– visualizzazione e stampa dell’Avviso di Pagamento “pagoPA”;

– visualizzazione e stampa delle ricevute dei pagamenti effettuati tramite MAV/”pagoPA”.

Con la modalità Avviso di Pagamento “pagoPA” il pagamento può essere effettuato tramite canali sia fisici che online di banche e altri Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP), quali:

– agenzie della banca;

– home banking del PSP;

– sportelli ATM abilitati delle banche;

– esercenti convenzionati con i PSP aderenti al sistema “pagoPA” (tabaccherie, ricevitorie, edicole, bar, farmacie e supermercati);

– Uffici Postali.

Resta confermata la modalità del versamento unico a mezzo bonifico per i pagamenti a cura dei seguenti soggetti:

– Istituto centrale per il sostentamento del clero (ICSC), con riferimento ai sacerdoti cattolici rientranti nel sistema del sostentamento di cui alla legge n. 222/1985;

– le diverse confessioni acattoliche, con riferimento ai propri ministri di culto nei casi in cui il decreto ministeriale che ha esteso al culto l’applicabilità della legge n. 903/1973 preveda l’adempimento unico.

I predetti pagamenti cumulativi dovranno essere effettuati esclusivamente con bonifico diretto in Tesoreria provinciale sulla contabilità speciale intestata alla Direzione provinciale di Terni.

I bonifici provenienti da paesi”extra euro” dovranno essere indirizzati sul conto corrente che la medesima Direzione provinciale intrattiene con Casse di Risparmio dell’Umbria sulla filiale n. 00430 – “Terni Sede”.

Inoltre, per facilitare l’adempimento fuori del territorio nazionale, l’utilizzo del bonifico viene eccezionalmente consentito anche ai singoli iscritti che si trovino all’estero per i pagamenti a cui sono tenuti alle regolari scadenze.
I predetti soggetti potranno avvalersi del bonifico diretto in Tesoreria a condizione che richiedano un’autorizzazione preventiva alla Direzione provinciale di Terni.
Con riferimento ai bonifici, sia di singoli iscritti che cumulativi, l’acquisizione dell’importo sarà possibile unicamente se nel campo “causale” sono presenti i seguenti dati:

1) la parola “CLERO”;

2) il codice fiscale del sacerdote o del ministro di culto per i bonifici di singoli iscritti, ovvero l’identificativo dell’ICSC o della confessione acattolica per i bonifici cumulativi;

3) il periodo di riferimento (“dal/al”, in gg/mm/aaaa).
In assenza dei predetti dati e – con esclusivo riferimento ai soli bonifici dei singoli iscritti – in assenza dell’autorizzazione preventiva della Direzione provinciale di Terni, il pagamento non implementerà l’estratto conto per mancanza di individuazione certa della posizione previdenziale.
L’autorizzazione può essere chiesta a mezzo posta elettronica ordinaria, alla casella istituzionale Fondo.Clero@inps.it, oppure via PEC all’indirizzo direzione.provinciale.terni@postacert.inps.gov.it.

A ogni bimestre l’importo accertato in via amministrativa, e quindi dovuto all’Ente previdenziale, è determinato dalla sommatoria degli importi individuali dovuti, riferiti agli iscritti che negli archivi INPS risultano attivi (vale a dire non cessati, non percettori di prestazioni a carico del Fondo) alla medesima scadenza.
Con riferimento all’adempimento cumulativo, l’Ente specifica che la difformità tra atteso e versato non consente alla procedura di acquisizione e di assegnazione dei dati in estratto conto di intercettare le esclusioni/inclusioni all’origine del disallineamento tra i due importi, vale a dire per quali soggetti sia intervenuto il mancato versamento o per quali nuovi sacerdoti o ministri di culto sia stato ripristinato o attivato l’obbligo contributivo. Nell’impossibilità di ripartire il dato, la totalità degli iscritti interessati dall’adempimento cumulativo del bimestre risulterà priva di accredito in estratto conto.

La notifica del dovuto tramite lista presuppone, pertanto, che gli archivi siano aggiornati in tempo reale rispetto all’insorgere o al venire meno dell’obbligo assicurativo.

Si invitano, dunque, le Diocesi, l’Istituto centrale per il sostentamento del clero e le confessioni acattoliche a comunicare con immediatezza alla Direzione provinciale di Terni i dati utili a determinare l’onere previdenziale, ossia nuove iscrizioni, variazioni e cessazioni.

Per consentire al soggetto tenuto al pagamento cumulativo di conoscere preventivamente il totale da versare all’INPS, le Diocesi, l’Istituto centrale per il sostentamento del clero e le confessioni acattoliche dovranno inviare all’Istituto un file contenente tutte le modifiche riguardanti i propri iscritti (iscrizioni, cessazioni, ecc.) intervenute nel bimestre, entro il giorno 10 del mese di scadenza bimestrale.
Aggiornati i propri archivi, entro il giorno 25 del medesimo mese, l’INPS trasmetterà all’Istituto centrale per il sostentamento del clero e alle confessioni acattoliche la lista della totalità degli assicurati attivi a quella scadenza e interessati dal pagamento cumulativo.

Il soggetto tenuto all’adempimento, ove non sussistano difformità con i dati in proprio possesso, predisporrà il pagamento dell’importo risultante. Diversamente, con immediatezza, il medesimo soggetto dovrà comunicare alla Direzione provinciale di Terni le variazioni da apportare sui dati incongrui. L’INPS, acquisiti gli adeguamenti nei propri archivi, elaborerà nuovamente l’elenco producendo la lista aggiornata quale titolo di nuovo accertamento amministrativo del bimestre con l’indicazione corretta del dovuto.

Le domande di rimborso dovranno essere gestite con distinta operazione amministrativa e contabile.
L’Istituto centrale per il sostentamento del clero o la confessione acattolica dovranno presentare apposita richiesta, anche cumulativa per più iscritti e per ciascun ministro di culto la richiesta dovrà essere motivata e suffragata da idonea documentazione.

In caso di richiesta di rimborso riferita a errato versamento di contribuzione successiva alla decorrenza della pensione, è sufficiente la sola motivazione e non anche la documentazione a sostegno. La Direzione provinciale di Terni provvederà all’istruttoria delle richieste di rimborso e alla restituzione – con distinto atto contabile – della contribuzione che accerterà come non dovuta.

Come evidenziato dall’Istituto, la contribuzione al Fondo clero ha natura obbligatoria e scaturisce dallo status di ministro di culto; l’obbligo contributivo, dunque, decorre dall’acquisizione dello status di ministro di culto o dall’inizio del ministero in Italia.
Per l’accertamento di tale status è richiesta:
– per i sacerdoti secolari, l’attestazione dell’ordinario che esercita sui medesimi la giurisdizione secondo le norme del diritto canonico;
– per i ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica, l’attestazione da parte dei competenti organi della rispettiva confessione.

Dal 1° gennaio 2000 l’iscrizione al Fondo è estesa ai sacerdoti e ai ministri di culto non aventi cittadinanza italiana e presenti in Italia al servizio di Diocesi italiane e delle Chiese o enti acattolici riconosciuti, nonché ai sacerdoti e ai ministri di culto aventi cittadinanza italiana, operanti all’estero al servizio di Diocesi italiane e delle Chiese o enti acattolici riconosciuti.
L’obbligo di versamento al Fondo clero per i soggetti non cittadini italiani sorge contestualmente alla decorrenza in Italia dell’esercizio della funzione ministeriale. Qualora l’ingresso in Italia sia precedente a tale esercizio, nessuna contribuzione sarà dovuta per il tempo intercorrente tra l’ingresso in Italia e l’inizio del servizio a favore della Diocesi italiana, Chiesa o Ente acattolico riconosciuto.

Sulle pensioni a carico del Fondo verranno impostate le trattenute finalizzate ai recuperi delle differenze contributive previa quantificazione e relativa trasmissione ai flussi pensioni degli importi da parte delle procedure di gestione dei contributi.

Approvata l’ipotesi di rinnovo del CCNL Energia e Petrolio

Sciolta la riserva sull’ipotesi di rinnovo del CCNL Energia e Petrolio del 21 luglio 2022, con decorrenza dal 1 gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2024.

Gli adeguamenti dei minimi, secondo le decorrenze indicate, saranno erogati con effetto dalla prima retribuzione utile successiva allo scioglimento della riserva sulla presente ipotesi di accordo:
– 60 euro dall’1 luglio 2022
– 65 euro dall’1 luglio 2023
– 90 euro dall’1 giugno 2024

Trattamento economico minimo CCNL Energia e Petrolio

Livello

C.R.E.A.

Minimi 1/7/2022

C.R.E.A. 1/7/2022

Minimi 1/7/2023

C.R.E.A. 1/7/2023

Minimi 1/6/2024

C.R.E.A. 1/6/2024

1 5 3132,74 453,26 3222,42 453,26 3346,60 453,26
4 3132,74 362,61 3222,42 362,61 3346,60 362,61
3 3132,74 271,96 3222,42 271,96 3346,60 271,96
2 3132,74 181,31 3222,42 181,31 3346,60 181,31
1 3132,74 90,65 3222,42 90,65 3346,60 90,65
2 4 2837,23 271,97 2918,45 271,97 3030,90 271,97
3 2837,23 203,98 2918,45 203,98 3030,90 203,98
2 2837,23 135,98 2918,45 135,98 3030,90 135,98
1 2837,23 67,99 2918,45 67,99 3030,90 67,99
3 4 2569,42 243,72 2642,97 243,72 2744,81 243,72
3 2569,42 182,79 2642,97 182,79 2744,81 182,79
2 2569,42 121,86 2642,97 121,86 2744,81 121,86
1 2569,42 60,93 2642,97 60,93 2744,81 60,93
4 4 2270,61 213,57 2335,61 213,57 2425,61 213,57
3 2270,61 160,18 2335,61 160,18 2425,61 160,18
2 2270,61 106,79 2335,61 106,79 2425,61 106,79
1 2270,61 53,39 2335,61 53,39 2425,61 53,39
5 4 1991,21 181,33 2048,21 181,33 2127,13 181,33
3 1991,21 136 2048,21 136 2127,13 136
2 1991,21 90,66 2048,21 90,66 2127,13 90,66
1 1991,21 45,23 2048,21 45,23 2127,13 45,23
0 1991,21 0 2048,21 0 2127,13 0
6 0 1732,24 0 1781,83 0 1850,49 0

Il valore punto al quale viene rinnovato il presente CCNL è di 26,14 e prevede una rivalutazione di 2,15 nel periodo di vigenza contrattuale.

Trattamento economico minimo settore industria gas

Livello

C.R.E.A.

Minimi

C.R.E.A.

Minimi

C.R.E.A.

Minimi

C.R.E.A.

1 5 3125,84 439,51 3222,42 453,26 3346,60 453,26
4 3125,84 352,11 3222,42 362,61 3346,60 362,61
3 3125,84 263,71 3222,42 271,96 3346,60 271,96
2 3125,84 175,81 3222,42 181,31 3346,60 181,31
1 3125,84 87,90 3222,42 90,65 3346,60 90,65
2 4 2830,98 263,72 2918,45 271,97 3030,90 271,97
3 2830,98 197,73 2918,45 203,98 3030,90 203,98
2 2830,98 131,98 2918,45 135,98 3030,90 135,98
1 2830,98 65,99 2918,45 67,99 3030,90 67,99
3 4 2563,77 235,97 2642,97 243,72 2744,81 243,72
3 2563,77 177,04 2642,97 182,79 2744,81 182,79
2 2563,77 118,11 2642,97 121,86 2744,81 121,86
1 2563,77 59,18 2642,97 60,93 2744,81 60,93
4 4 2265,61 207,07 2335,61 213,57 2425,61 213,57
3 2265,61 155,18 2335,61 160,18 2425,61 160,18
2 2265,61 103,54 2335,61 106,79 2425,61 106,79
1 2265,61 51,89 2335,61 53,39 2425,61 53,39
5 4 1986,83 175,83 2048,21 181,33 2127,13 181,33
3 1986,83 132,00 2048,21 136 2127,13 136
2 1986,83 87,91 2048,21 90,66 2127,13 90,66
1 1986,83 44,03 2048,21 45,23 2127,13 45,23
0 1986,83 0 2048,21 0 2127,13 0
6 0 1728,43 0 1781,83 0 1850,49 0

Con decorrenza 1 luglio 2023 si procederà, come da tabella, al riallineamento delle retribuzioni tabellari tra il settore industria gas e il settore energia e petrolio, come già previsto nel precedente rinnovo.

Applicazione

Il presente contratto disciplina il rapporto di lavoro tra lavoratori e le aziende presenti nelle seguenti aree di business: esplorazione e produzione di idrocarburi, ingegneria, costruzione, perforazione e manutenzione; approvvigionamento, raffinazione e lavorazione del petrolio; stoccaggio e trasporto dei prodotti petroliferi; distribuzione e commercializzazione (ingrosso e dettaglio) dei prodotti petroliferi e non oil; logistica integrata e avio rifornimento; vendita e trasporto gas; rigassificazione; cogenerazione e produzione di energia elettrica; ricerca e sviluppo su petrolio, gas e rinnovabili quali sviluppo filiera biocarburanti, combustibili low carbon, carburanti innovativi (fuels), sviluppo della filiera industriale del gas, blue power e dei sistemi di cattura e stoccaggio/utilizzo della co2; servizi logistici informativi, finanziari e assicurativi, relativi alle attività sopra elencate.

Periodo di ferie

I lavoratori hanno diritto a fruire di un periodo annuale di ferie, con decorrenza della normale retribuzione, come di seguito specificato:
– per anzianità fino a 10 anni: 4 settimane pari a 20 giorni lavorativi; A far data dal 1° luglio 2023, per coloro che all’atto del raggiungimento dell’anzianità aziendale pari a 7 anni avranno azzerato entro il 31 marzo tutte le spettanze ferie residue maturate al 31 dicembre dell’anno precedente verrà anticipata la maturazione pro quota del successivo scaglione previsto per una anzianità superiore ai 10.
– per anzianità oltre 10 anni: 5 settimane pari a 25 giorni lavorativi.
Di norma le ferie dovranno essere Integralmente fruite nel corso dell’anno di maturazione, salvo esigenze aziendali che richiedano un differimento del periodo di fruizione e comunque non oltre il 31 marzo dell’anno successivo.

Disciplina apprendistato professionalizzante

La durata massima del contratto è pari a 3 anni per i livelli 5, 4 e a 2 anni per i livelli 3 e 2.

La durata massima dell’apprendistato professionalizzante, la sua suddivisione in periodi ai fini retributivi e la sua retribuzione percentualizzata, è la seguente:

Livelli

Durata in mesi

Durata 1° periodo in mesi

Perc. di retribuzione 1° periodo

Durata 2° periodo in mesi

Perc. di retribuzione 2° periodo

Durata 3° periodo in mesi

Perc. di retribuzione 3° periodo

2 24 12 90% 12 95%    
3 24 12 90% 12 95%    
4 36 12 90% 12 95% 12 95%
5 36 12 80% 12 90% 12 90%

La retribuzione di riferimento è quella tabellare relativa al minimo del livello di inquadramento e del relativo CREA. In caso di mancato esercizio del diritto di recesso, al termine della durata del contratto di apprendistato professionalizzante, al lavoratore viene riconosciuta in misura integrale la retribuzione tabellare relativa al livello dì inquadramento assegnato.
La nuova regolamentazione avrà decorrenza dalla data di sottoscrizione del presente CCNL.

INPS: i criteri per le domande di concessione dell’integrazione salariale straordinaria

L’Inps fornisce indicazioni sulle novità introdotte dal DM n. 33/2022 in materia di individuazione dei criteri di esame delle domande di concessione dell’integrazione salariale straordinaria, con particolare riguardo agli specifici criteri di accesso all’assegno di integrazione salariale riconosciuto dal Fondo di integrazione salariale per le causali straordinarie (Circolare 5 ottobre 2022, n. 109).

 

Dal 1° gennaio 2022, rientrano nell’ambito della riorganizzazione aziendale anche gli interventi attuati attraverso processi di transizione. Tale nuova previsione normativa inserisce, nel modello di riorganizzazione aziendale finora conosciuto, una nuova situazione che non postula necessariamente la presenza di significative inefficienze gestionali dell’azienda, ma che si realizza allorquando il datore di lavoro intenda porre in essere un insieme di interventi finalizzati a realizzare percorsi di innovazione e modernizzazione digitale e tecnologica, nonché di rinnovamento e sostenibilità ambientale ed energetica della propria realtà aziendale ovvero ad attuare interventi straordinari in tema di misure di sicurezza.
Per l’approvazione dei programmi di riorganizzazione aziendale, devono essere rispettati i seguenti criteri:
a) il datore di lavoro richiedente deve presentare un programma volto a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale, commerciale, produttiva o di prestazione di servizi attraverso interventi idonei a gestire le stesse oppure a sostenere processi di riconversione produttiva o processi di transizione.
Con specifico riferimento alla gestione dei processi di transizione, l’Istituto precisa che, in relazione alla previsione normativa, rientrano in detto ambito: i processi finalizzati a un aggiornamento tecnologico o digitale; i processi di efficientamento e sostenibilità ecologica ed energetica; i processi di potenziamento straordinario in tema di misure di sicurezza;
– il programma deve contenere indicazioni in ordine agli investimenti relativi agli interventi di riorganizzazione di cui al precedente punto a) e riguardanti l’unità produttiva interessata dagli interventi e il relativo importo complessivo;
– i datori di lavoro devono evidenziare il collegamento tra il programma di riorganizzazione che intendono realizzare e le sospensioni/riduzioni dal lavoro in relazione alle quali si richiede l’assegno di integrazione salariale;
– il programma deve essere, comunque, finalizzato a un consistente recupero occupazionale anche in termini di riqualificazione professionale e potenziamento delle competenze;
– il programma deve contenere indicazioni relative all’eventuale attività di formazione e riqualificazione professionale che i datori di lavoro intendono porre in essere.

Alla luce dell’articolo 2-bis del D.M. n. 94033/2016, per l’approvazione dei programmi di crisi aziendale:
– il datore di lavoro deve illustrare le ragioni della contrazione dell’attività produttiva o di prestazione di servizi (ad esempio, diminuzione degli ordini di lavoro o delle commesse, ovvero un decremento delle vendite o ancora i dati negativi relativi al bilancio e al fatturato inerenti alla annualità che precede quella in cui il periodo di integrazione è richiesto, o al minor periodo in caso di azienda costituita da meno di un anno). Al riguardo, si evidenzia che, in funzione della semplificazione prevista dalla norma, la disposizione in esame fornisce ai datori di lavoro un’elencazione delle possibili motivazioni; inoltre, si fa presente che la produzione dei dati economici, utili a dimostrare la difficoltà economica in cui versa l’azienda, è prevista in alternativa agli altri indici di crisi per cui si può ricorrere alla causale;
– il datore deve indicare l’andamento dell’organico aziendale nel semestre precedente la domanda di assegno di integrazione salariale, con riguardo alla stabilità o al ridimensionamento dello stesso;
– il datore deve fornire indicazioni in ordine all’assenza di nuove assunzioni con articolare riguardo a quelle assistite da agevolazioni contributive e/o finanziarie, ovvero – in presenza di nuove assunzioni effettuate nel semestre precedente o da realizzare durante il periodo di fruizione dell’assegno di integrazione salariale – deve indicare il numero delle stesse e le motivazioni che le hanno indotte (ad esempio, assunzione riferita a personale che svolge mansioni inizialmente non presenti nell’organico aziendale);
– il datore medesimo deve illustrare il piano di risanamento da realizzare, che deve essere finalizzato alla continuazione dell’attività aziendale e alla salvaguardia occupazionale;
– il datore di lavoro deve indicare la percentuale di lavoratori sospesi o a orario ridotto che, durante o al termine del programma, rientreranno presumibilmente in azienda;
– il programma deve essere finalizzato alla continuazione dell’attività aziendale e alla salvaguardia occupazionale, che può essere anche parziale. Conseguentemente, in caso di eccedenze di personale, i datori di lavoro dovranno illustrare il piano di gestione non traumatica dei suddetti esuberi (ad esempio, ricollocazione, pensionamento, accordi consensuali di risoluzione, riconversione professionale, ecc.).
Ai fini dell’approvazione del programma di riorganizzazione aziendale, il cui piano deve essere stato adottato dai datori di lavoro richiedenti, deve riscontrarsi la presenza delle condizioni suddette.

In forza di quanto previsto dall’articolo 4-bis del D.M. n. 94033/2016 in parola, per l’accesso all’assegno di integrazione salariale a seguito della stipula di un contratto di solidarietà, devono essere rispettati i seguenti criteri:
– la riduzione concordata dell’orario di lavoro deve essere articolata nel rispetto delle suddette percentuali di riduzioni di cui all’articolo 21, comma 5, del D.lgs n. 148/2015;
– il contratto di solidarietà non è ammesso per i rapporti di lavoro a tempo determinato instaurati al fine di soddisfare esigenze di attività produttive soggette a fenomeni di natura stagionale;
– i lavoratori part-time possono essere ammessi qualora sia dimostrato il carattere strutturale del part-time nella preesistente organizzazione del lavoro. In tale senso sono esclusi i part-time destinati a soddisfare esigenze di natura stagionale o temporanea;
– in linea generale, non sono ammesse prestazioni di lavoro straordinario per i lavoratori posti in solidarietà;
– nel corso della fruizione dell’assegno di integrazione salariale a seguito di stipula di un contratto di solidarietà – al fine di consentire la gestione non traumatica degli esuberi di personale – è possibile attivare la procedura di licenziamento collettivo solo con la non opposizione dei lavoratori;
– qualora le Parti stipulanti il contratto di solidarietà, per soddisfare temporanee esigenze di maggiore lavoro, ritengano di derogare, nel senso di una minore riduzione dell’orario di lavoro, a quanto già concordato nel contratto di solidarietà, le modalità di tale deroga devono essere previste nel contratto medesimo. I datori di lavoro sono tenuti a comunicare l’avvenuta variazione di orario alla Struttura dell’Istituto territorialmente competente;
– in tutti i casi in cui la deroga comporti, invece, una maggiore riduzione di orario, è necessario stipulare un nuovo contratto di solidarietà.

Nuova contribuzione per la Cassa Edile della provincia di Catania

6 OTT 2022 In armonia con le disposizioni contrattuali di cui all’Accordo Nazionale del 22/9/2022, che hanno modificato la percentuale APE, la Cassa Edile della provincia di Catania pubblica le nuove aliquote contributive in vigore dall’1/10/2022

Contributi Cassa Edile Catania dall’1/10/2022

CONTRIBUTI

Totale (%)

Quota Impresa (%)

Quota Lavoratore (%)

Contributo Cassa Edile 2,25 1,875 0,375
Contributo APE 2,43 2,43
Contributo unificato Formazione e Sicurezza 1,00 1,00
Quote adesione contrattuale (prov. + naz.) 1,9788 0,9894 0,9894
Contributo RLST 0,125 0,125
Contributo Fondo incentivo all’occupazione 0,10 0,10
Contributo Fondo prepensionamenti 0,20 0,20
TOTALE CONTRIBUTI 8,0838 6,7194 1,3644
Fondo sanitario SANEDIL operai 0,60 0,60
Fondo sanitario SANEDIL impiegati 0,26 0,26

Avvocati: recupero contributi gestione separata Inps senza sanzioni

In seguito alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 104 del 22 aprile 2022, l’Inps chiarisce che il recupero dei contributi dovuti alla Gestione separata fino all’anno di imposta 2011, da parte degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari, è effettuato senza l’applicazione delle sanzioni civili. (Circolare 03 ottobre 2022, n. 107).

Con norma di interpretazione autentica (art. 18, co. 12, D.L. n. 98/2011) è stato stabilito che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all’iscrizione presso l’apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all’iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti previdenziali di diritto privato, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 104 del 22 aprile 2022, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, come interpretato dall’articolo 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, nella parte in cui prevede l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense a seguito del mancato raggiungimento della soglia di redditi o di volume d’affari.
Al contempo, la medesime sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 18, comma 12, del decreto-legge n. 98/2011, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari minimo previsti dal regime previdenziale forense, tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS, siano esonerati dal pagamento, in favore dell’Ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore, ossia fino all’anno di imposta 2011.

Per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale, l’Inps ha chiarito che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività il cui esercizio è subordinato all’iscrizione ad Albi e che non sono tenuti al versamento del contributo soggettivo presso le Casse di appartenenza e devono versare la contribuzione previdenziale alla Gestione separata, sono esonerati dal pagamento delle sanzioni civili per la mancata iscrizione alla medesima Gestione separata INPS relativamente al periodo precedente l’entrata in vigore della norma di interpretazione autentica e, pertanto, fino all’anno di imposta 2011.
Gli effetti della sentenza si applicano esclusivamente ai rapporti non ancora esauriti alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
L’esclusione delle sanzioni civili avverrà d’ufficio, senza necessità di presentazione di istanze da parte dei soggetti interessati.
Con successivo messaggio l’Inps renderà note le modalità operative per le istanze di rimborso delle somme versate a titolo di sanzioni civili non più dovute per effetto della sentenza in oggetto.

Fondo per la Repubblica Digitale: pronto il codice tributo

Istituito il codice tributo per l’utilizzo mediante F24 del credito d’imposta relativo ai versamenti effettuati dalle fondazioni di origine bancaria in favore del “Fondo per la Repubblica Digitale” (Agenzia Entrate – risoluzione 04 ottobre 2022 n. 55).

L’art. 29, D.L. n. 152/2021, conv., con modif. dalla L. n. 233/2021 ha riconosciuto alle fondazioni di cui al DLgs 17 maggio 1999, n. 153, un contributo, sotto forma di credito d’imposta, pari al 65%, per gli anni 2022 e 2023, e al 75%, per gli anni 2024, 2025 e 2026, dei versamenti effettuati al “Fondo per la Repubblica Digitale”, da utilizzare esclusivamente in compensazione, a decorrere dal periodo d’imposta nel quale lo stesso è stato riconosciuto.

Ciò premesso, per consentire l’utilizzo in compensazione del suddetto credito d’imposta, tramite modello F24 da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento, l’Agenzia delle Entrate ha istituito il seguente codice tributo:
– “6988” – denominato “credito d’imposta relativo ai  versamenti effettuati dalle fondazioni di origine bancaria in favore del “Fondo per la Repubblica Digitale”, di cui all’articolo 29 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152″.

In sede di compilazione del modello di pagamento F24, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”.

Il campo “anno di riferimento” è valorizzato con l’anno di riconoscimento del credito, nel formato “AAAA”.

Licenziamento disciplinare: illegittimo se la contestazione non è specifica

5 ott 2022 La contestazione dell’addebito deve essere specifica, nel senso che deve contenere l’esposizione puntuale delle circostanze essenziali del fatto ascritto al lavoratore, al fine di consentire a quest’ultimo il pieno esercizio del suo diritto di difesa. Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 30 settembre 2022, n. 28502.

La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza di appello che aveva annullato il licenziamento intimato da un istituto di credito nei confronti del direttore di una filiale, con conseguente reintegra nel posto di lavoro e pagamento dell’ indennità risarcitoria.

Il licenziamento era stato intimato al lavoratore a seguito di contestazione disciplinare per una serie di irregolarità, riscontrate da una relazione ispettiva sulla anomala operatività della filiale.
La Corte territoriale, in particolare, premesso che la contestazione disciplinare appariva oscura ed ambigua in alcuni punti, senza che vi fosse una chiara indicazione del comportamento richiesto al lavoratore, rilevava che il datore di lavoro non aveva dimostrato il giustificato motivo soggettivo, cioè il notevole inadempimento da parte dello stesso direttore, con conseguente mancato assolvimento dell’onere probatorio a suo carico.
Secondo quanto evidenziato dai giudici del gravame, inoltre, la contestazione disciplinare era in larga parte frutto di frettoloso “copia-incolla” della relazione di ispezione. Tale circostanza emergeva dalla lettura comparata della nota di servizio AUDIT sull’anomala operatività presso la filiale e la contestazione disciplinare, in gran parte identiche.

La Suprema Corte, pronunciandosi sul ricorso proposto dalla Banca, ha ritenuto inammissibili i relativi motivi, richiamando, in primo luogo, l’ orientamento secondo cui la contestazione dell’addebito deve essere specifica, dovendo contenere l’esposizione puntuale delle circostanze essenziali del fatto ascritto al lavoratore, al fine di consentire a quest’ultimo il pieno esercizio del suo diritto di difesa.
La verifica della specificità degli addebiti contestati al lavoratore è rimessa al giudice di merito e l’ apprezzamento di quest’ultimo è incensurabile in sede di legittimità se congruamente e correttamente motivato, come avvenuto, a parere della Corte di legittimità, nel caso sottoposto ad esame.

Il Collegio in proposito ha affermato che i motivi di ricorso proposti dalla Banca tendevano ad un’ inammissibile rivalutazione delle prove e ad una diversa ricostruzione della vicenda, attività non consentite in sede di legittimità.

In conclusione è stata ritenuta immune da censure la ricostruzione operata, nella specie, dalla Corte territoriale. La stessa aveva correttamente sottolineato, attraverso un esame accurato della documentazione e delle risultanze istruttorie, l’ evidente mancanza di prova sulla illiceità dei fatti e sulla ricorrenza del notevole inadempimento, in capo al lavoratore, tale da radicare legittimamente il giustificato motivo soggettivo, essendo la Banca venuta meno all’onere di dimostrare la sussistenza dei fatti nel loro rilievo illecito.

Associazioni professionali: applicabile il regime fiscale degli utili distribuiti a società semplici

Forniti chiarimenti sul nuovo regime fiscale dei dividendi distribuiti alle società semplici previsto dall’articolo 32-quater del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, applicabile anche alle associazioni professionali (Agenzia delle entrate – Risposta 04 ottobre 2022, n. 486).

L’articolo 5 del Testo unico delle imposte sui redditi stabilisce, al comma 1, che i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
In base al successivo comma 2, le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo di imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali.
Le disposizioni riportate recano il generale principio di imputazione per trasparenza ai soci dei redditi delle società di persone residenti in Italia. In base a tale principio, i redditi sono dapprima determinati in capo alla società secondo le regole proprie di quest’ultima e poi imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, secondo la rispettiva quota di partecipazione.
Il comma 3 del medesimo articolo 5 del Tuir, alla lettera c), stabilisce che le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni sono equiparate alle società semplici. In tal caso, tuttavia, l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata che determina le quote di partecipazione agli utili può essere redatto fino al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi dell’associazione, con effetto sulla ripartizione dell’utile cui la dichiarazione si riferisce.
In considerazione della natura personale della prestazione degli associati nell’ambito di un’associazione professionale, tale ultima disposizione consente di stabilire a posteriori le quote di reddito da attribuire a ciascun associato, al fine di determinarle più correttamente in base alle prestazioni effettivamente svolte.
L’articolo 32-quater del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, ha modificato il regime fiscale degli utili distribuiti dalle società e dagli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a ), b), c) e d), del Tuir a partire dal 1° gennaio 2020.
In particolare, il menzionato articolo 32-quater prevede, al primo periodo del comma 1, che i dividendi corrisposti alla società semplice si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale.
In altri termini, ai fini fiscali, i dividendi distribuiti alla società semplice si considerano percepiti direttamente dai soci nel momento in cui sono corrisposti alla società semplice. In tale momento, quindi, i dividendi sono assoggettati a tassazione, in capo a ciascun socio, e secondo il regime fiscale proprio di ognuno di essi, come se ciascun socio avesse percepito i medesimi dividendi direttamente dalla società emittente.
Tale nuova modalità di imputazione dei dividendi ai soci della società semplice comporta, in primo luogo, che gli stessi non concorrono a formare il reddito complessivo della società semplice e comporta, altresì, che la tassazione dei dividendi prescinde dalla loro distribuzione in favore dei soci (tassazione per imputazione).
Detto regime fiscale stabilisce una nuova modalità di tassazione dei dividendi distribuiti a una società semplice, con l’applicazione delle regole di determinazione dei redditi di capitale riferibili al socio della società semplice.
Tale interpretazione è in linea con la ratio sottesa alle nuove disposizioni, finalizzata a eliminare le criticità derivanti dalle modifiche al regime fiscale delle partecipazioni qualificate detenute da persone fisiche, che avevano comportato un inasprimento della tassazione degli utili percepiti dalle società semplici – a causa della eliminazione della disposizione contenuta nell’articolo 47, comma 1, primo periodo, del Tuir, che prevedeva la concorrenza parziale dei dividendi alla formazione del reddito complessivo – e la perdita di neutralità fiscale per i redditi derivanti da partecipazioni detenute per il tramite di società semplici.
Con riferimento all’ambito di applicazione del predetto regime fiscale, si ritiene che lo stesso, per quanto espressamente riferito ai dividendi corrisposti alle società semplici, trovi applicazione anche in caso di distribuzioni di dividendi deliberate in favore di associazioni tra professionisti, sia per effetto della equiparazione, ai fini fiscali, fra associazioni professionali e società semplici operata dall’articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir, che della particolare ratio ispiratrice del nuovo regime fiscale.
Pertanto, nel caso di specie, i dividendi distribuiti dalla Società istante, interamente partecipata dall’associazione professionale, saranno tassati da quest’ultima, nella sua qualità di sostituto d’imposta, con le seguenti modalità:
– la quota imputabile ai soci persone fisiche dell’Associazione fiscalmente residenti nel territorio dello Stato sarà assoggettata a tassazione mediante ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 26 per cento ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 32-quater, comma 1, lettera c), del d.l. n. 124 del 2019;
– la quota imputabile ai soci persone fisiche dell’Associazione fiscalmente non residenti sarà assoggettata a tassazione mediante ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 26 per cento ai sensi dell’articolo 27, comma 3, primo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 32-quater, comma 1, lettera c-ter), primo periodo, del d.l. n. 124 del 2019, ovvero nella misura inferiore prevista dalle convenzioni per evitare le doppie imposizioni, ove applicabili.
Inoltre, per quanto riguarda il criterio da adottare per l’individuazione degli Associati e la determinazione delle quote di partecipazione agli utili che la Società istante deve distribuire in favore dell’Associazione professionale, l’Agenzia ritiene che il criterio debba essere individuato avendo riguardo agli Associati che risultano tali al momento in cui la Società istante effettua il pagamento dei dividendi all’Associazione, pagamento che costituisce il presupposto per l’applicazione dell’imposizione in capo agli Associati, in base alle quote di ripartizione individuate nella più recente scrittura notarile, comunicate dall’Associazione alla Società istante.
Il criterio appena enunciato, in quanto riferito a una diversa modalità di determinazione dei dividendi, che non concorrono più alla formazione del reddito complessivo della società semplice o dell’associazione, deroga parzialmente al criterio stabilito per le associazioni professionali dall’articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir, che individua il termine ultimo per la redazione dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata in quello di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’associazione stessa.
Resta inteso che, relativamente alla distribuzione agli Associati degli utili prodotti dall’Associazione, diversi dai dividendi ad essa erogati dalla Società istante, in quanto non interessata dal nuovo regime fiscale, rimangono valide le regole di determinazione per trasparenza stabilite dal citato articolo 5 del Tuir, anche in riferimento ai criteri di determinazione delle quote di partecipazione agli utili stabiliti nel comma 3, lettera c), del medesimo articolo 5.
Con riferimento, infine, agli adempimenti dichiarativi e certificativi, la Società istante, sulla base delle informazioni ricevute dall’ Associazione:
– dovrà compilare il Modello 770 relativo al periodo di imposta in cui sono stati erogati i dividendi all’Associazione, inserendo nel quadro SI il dato complessivo dei dividendi pagati nel periodo di imposta, nonché, nel quadro SK, i dati relativi ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato nei cui confronti gli utili sono assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta, anche se in misura convenzionale;
– potrà rilasciare la Certificazione relativa agli Utili e agli altri Proventi Equiparati (CUPE) agli Associati non residenti che hanno percepito utili assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta per consentire agli stessi di ottenere nel Paese di residenza, ove previsto, il credito d’imposta relativo alle imposte pagate in Italia.
Nel caso in cui fra l’Italia e il Paese di residenza del percettore sia in vigore una Convenzione contro la doppia imposizione, l’eliminazione della stessa avverrà secondo le modalità ivi previste.

Incentivi per l’acquisto di veicoli non inquinanti

Attuazione del Fondo – Riconversione, ricerca e sviluppo del settore automotive – (Presidenza del consiglio dei ministri – Decreto 04 agosto 2022)

Sono stati definiti gli incentivi per il sostegno agli investimenti per l’insediamento, la riconversione e la riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili, al fine di favorire la transizione verde, la ricerca e gli investimenti nella filiera del settore automotive, con particolare riferimento allo sviluppo e alla produzione di:
a) nuovi veicoli nonché sistemi di alimentazione e propulsione che aumentino l’efficienza del veicolo minimizzando le emissioni ;
b) tecnologie, materiali, architetture e componenti strutturali funzionali all’alleggerimento dei veicoli nonché dei sistemi di trasporto per la mobilità urbana;
c) nuovi sistemi, componenti meccanici, elettrici, elettronici e software per la gestione delle funzioni principali del veicolo, propulsione, lighting, dinamica laterale e longitudinale, abitacolo;
d) nuovi sistemi, componenti meccanici elettrici, elettronici e software per sistemi avanzati per l’assistenza alla guida (ADAS), la connettività del veicolo (V2V e V2I), la gestione di dati, l’interazione uomo veicolo (HMI) e l’infotainment;
e) sistemi infrastrutturali per il rifornimento e la ricarica dei veicoli.
Una quota delle risorse del fondo pari a euro 50 milioni per l’anno 2022 e a 350 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 è destinata alla concessione delle agevolazioni previste dai Contratti di sviluppo, dagli Accordi per l’innovazione attivati nell’ambito del Fondo.
Gli interventi sono finalizzati all’incentivazione degli investimenti, secondo il seguente riparto:
a) contratti di sviluppo, nella misura del 70 per cento delle risorse annue;
b) accordi di innovazione, nella misura del 30 per cento delle risorse annue.

INL: precisazioni sulla tessera di riconoscimento del personale ispettivo

Con nota del 4 ottobre scorso, n. 392, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha fornito precisazion sul rilascio della tessera di riconoscimento del personale ispettivo, anche a seguito di specifiche richieste pervenute dal territorio in relazione al ruolo ed alle funzioni esercitate da tale personale in forza della vigente normativa.

Il “personale ispettivo” è individuato in quello operante presso gli Ispettorati interregionali e territoriali del lavoro incaricato di svolgere “le funzioni di vigilanza in materia di lavoro e di legislazione sociale”.
In base ai D.Lgs. n. 149/2015 e D.P.C.M. 23 febbraio 2016, il personale dirigenziale dell’INL riveste un ruolo assolutamente primario proprio con riferimento alle “funzioni di vigilanza”.
A titolo esemplificativo, basti pensare che al personale dirigenziale è affidato il compito di coordinare sul piano operativo tutta l’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, “definendo periodicamente, anche attraverso strumentazioni informatiche, la programmazione dell’attività del personale ispettivo dell’Ispettorato, dell’INPS e dell’INAIL” e di provvedere alla “definizione dei programmi ispettivi periodici” dei Nuclei Carabinieri anche per il tramite del funzionario responsabile delle strutture di coordinamento della vigilanza; senza contare le disposizioni di rango primario che stabiliscono come il personale dell’Arma dei Carabinieri che opera presso gli Ispettorati interregionali e territoriali è tenuto a svolgere la propria attività in dipendenza funzionale dei “dirigenti” delle rispettive strutture territoriali di questa Agenzia.
Dunque, la competente Direzione centrale identità professionale, pianificazione e organizzazione provvede, in relazione al personale dirigenziale che ne sia ancora sprovvisto, all’assegnazione della tessera di riconoscimento in parola, quale documento attestante la qualifica rivestita ed i connessi poteri e responsabilità dettate dalla vigente normativa.